Conversazione con Giorgio Gerardi

"Le cose che vediamo senza vedere"
Raccontaci un po’ di te, dove sei nato, dove vivi ora, cosa fai, ecc.
Sono nato a Mestre nel 1953, a pochi chilometri da Venezia, e ci ho abitato per molti anni, fino a quando mi sono recentemente trasferito a Favaro Veneto con tutta la mia famiglia. Quando ero più giovane ho cercato di entrare nel mondo professionale della fotografia, che è sempre stata una delle mie più grandi passioni, ma il viaggio sarebbe stato troppo lungo e volevo essere subito indipendente e avere una famiglia. Ho lavorato gran parte della mia vita nel settore del credito, e ho dovuto limitare il tempo per coltivare i miei interessi, dato che il mio tempo libero era principalmente dedicato a mia moglie e alla crescita dei miei figli. Un paio di anni fa sono andato in pensione e ora posso finalmente dedicarmi pienamente a quello che facevo quando avevo 20/27 anni, riprendendo i miei vecchi progetti.
Come ti sei fatto coinvolgere nella fotografia? Cosa c’è di così speciale per te?
Da bambino ho ricevuto in regalo una macchina fotografica, che per me all’inizio rappresentava un modo per chiudere la realtà all’interno di una cornice. Intorno ai vent’anni ho iniziato la mia ricerca; mi hanno colpito le avanguardie dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, e le ricerche di fotografi come Man Ray, László Moholy-Nagy, Ugo Mulas, Franco Fontana, Luigi Ghirri. Mi interessavano anche le correnti artistiche del Minimalismo e del Concettualismo.
Tutte queste esperienze mi hanno interessato soprattutto perché incentrate sull’analisi del mezzo fotografico, del suo linguaggio e sulla ricerca di nuove forme espressive, nuove rispetto alla tradizione. Come tipico nello spirito dell’avanguardia, erano molto più vicini a un discorso relativo all’analisi dello strumento visivo che non alla messa in scena della realtà, alla sua rappresentazione, come invece ci aveva abituato la storia della fotografia. Non per niente Man Ray faceva parte del Dadaismo e del Surrealismo, e László Moholy-Nagy del Bauhaus.


Qual è la storia dietro la tua serie di fotografie presentate? Che cosa lo ha ispirato e quando è iniziato? Cosa vuoi che lo spettatore provi e porti via con sé?
Ogni giorno utilizziamo ripetutamente oggetti che abbiamo costantemente sotto gli occhi. Quante volte apriamo il frigorifero? Quante volte prendiamo la bottiglia d’acqua?
Quotidianamente, siamo sempre circondati dalle stesse cose; siamo così abituati alla loro presenza che non li notiamo più, non li vediamo più; anche se i nostri occhi si posano su di loro, non li notiamo ed è come se non li vedessimo.
Il progetto DAILY nasce per mettere in scena oggetti del quotidiano; ho fotografato oggetti di tutti i giorni, un letto sfatto, l’interno di un frigorifero, una lavastoviglie, cercando di evidenziare alcuni dettagli estraendoli dal loro contesto, per farli quasi assumere una vita propria, una propria identità.
Ho attinto molto dalla corrente Iperrealista, nata dopo la Pop Art nella seconda metà del secolo scorso, e in cui il dettaglio assume grande importanza. Ma mi ha influenzato anche il concetto di “ready made”, dove un oggetto di uso comune viene isolato dal suo contesto per essere percepito come un’opera d’arte, alla maniera di Duchamp.
Volevo e voglio che lo spettatore che guarda queste immagini possa “vedere” il soggetto rappresentato, per percepirlo in modo diverso da come lo vive ogni giorno. Spero di esserci riuscito, almeno in parte.

Puoi spiegare il tuo lavoro di post-elaborazione per arrivare all’immagine finale. Quando sai di aver finito un’immagine?
Nel progetto DAILY l’importante per me era cercarehttps://www.giorgiogerardi.com/daily/ di ottenere immagini il più possibile neutre e asettiche, che mettessero in risalto i dettagli dei soggetti fotografati. Nel lavorare queste serie ho spinto al massimo il contrasto giocando su curve e colori.
Finisco il mio lavoro quando mi sento soddisfatto di quello che ho fatto, quando l’immagine ha forme e colori che mi soddisfano e in queste serie mi interessava mettere in risalto dettagli di oggetti di uso quotidiano, oltre a cercare di trattarli con una tecnica che arrivasse il più vicino possibile allo stile dell’Iperrealismo.



Hai qualche artista/fotografo preferito?
Per quanto riguarda la fotografia, credo in una risposta precedente di aver già dato un’idea ampia degli artisti che mi interessano, e questi sono Man Ray, László Moholy-Nagy, Ugo Mulas, Franco Fontana, e Luigi Ghirri. Ma la bellezza dell’arte ovviamente non si limita a ciò che vediamo, ma si estende anche a ciò che possiamo ascoltare. Amo la musica e direi che tra i miei musicisti preferiti ci sono Philip Glass e Terry Riley. Posso anche aggiungere che la loro musica ha influenzato la mia formazione artistica; la ripetizione è una costante nelle loro opere, ripetizione alternata a continue e lievi diversità, che fanno mutare, cambiare la ripetizione stessa, pur rimanendo “ripetizione”.
Se solo potessi scegliere un fotografo da affiancare per un giorno… chi sceglieresti? E perché?
Passerei una giornata con il fotografo italiano Franco Fontana, per parlare e non per fotografare, in modo che potesse raccontarmi la sua esperienza e come ha vissuto il mezzo fotografico e le immagini che è riuscito a scattare. Mi è sempre piaciuto il modo in cui ritrae il paesaggio, classico e astratto e minimale allo stesso tempo. Penso che le sue immagini, tratte dagli anni Settanta, abbiano segnato un passo importante nella storia della fotografia.


L’attrezzatura che usate vi aiuta a realizzare la vostra visione nella vostra fotografia? (Che macchina fotografica usate? Avete un obiettivo/focale preferita?)
Non utilizzo una attrezzatura particolare; ho una Canon Eos 550D con focale 18-55 mm, con la quale scatto il 90% delle immagini e utilizzo anche il cellulare Xiaomi Mi T9. La parte principale del mio lavoro si concentra nella postproduzione, e quindi nell’utilizzo di programmi di grafica digitale, soprattutto Photoshop e Gimp.

Quali sono alcuni dei tuoi obiettivi come artista o fotografo? Dove speri di vederti tra cinque anni?
Il mio obiettivo principale è far conoscere il mio lavoro ad un pubblico sempre più ampio, e piano piano riesco a farmi pubblicare sempre più spesso su riviste e pagine web. Spero di poter continuare su questa strada per altri cinque anni da adesso e anche di più. Spero anche di poter entrare nel mondo delle gallerie e dell’interior design, così da poter appendere alcune delle mie immagini in spazi privati e pubblici.





Ci sono progetti speciali su cui stai attualmente lavorando che vorresti far sapere a tutti?
Ultimamente sto lavorando sul progetto DETTAGLI; una delle prime serie è stata “caminetto”. In queste ultime serie è difficile riconoscere il soggetto originario, poiché il dettaglio assume una vita propria. Quello che mi interessa non è una mera rappresentazione dell’oggetto reale; voglio che il risultato sia un insieme di forme e colori che mi piacciano.
“Quando non sono fuori a fotografare, io (mi piace)…”
Mi piace fare lunghe passeggiate, mi piace leggere, soprattutto libri di storia dell’arte; mi piace anche ascoltare la musica, come avrai intuito da una mia precedente risposta.
Thank you Giorgio!
